Irap e professionisti

COMMENTO

Secondo la Commissione tributaria provinciale di Firenze – si legge nelle premesse della sentenza qui annotata –, il tributo Irap, in linea di principio, non è applicabile se non in capo a chi eserciti, in via abituale, attività “autonomamente organizzata”: principio condivisibile, siccome conforme alla legge istitutiva del tributo.
I giudici tributari fiorentini – nel prosieguo dell’esposizione – si soffermano poi sulla tesi dell’Amministrazione finanziaria, accolta dalla giurisprudenza di secondo grado citata in sentenza, secondo cui, sostanzialmente, assenza di autonoma organizzazione può aversi solo in ambito di collaborazioni coordinate e continuative o di attività di lavoro autonomo prive del requisito della abitualità [tesi riconducibile alla circolare ministeriale n. 141/E del 4 giugno 1998, in allegato a “il fisco”, n. 24/1998, pag. 8259, e ribadita con la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 32/E del 31 gennaio 2002, ibidem, n. 8/2002, fascicolo 2, pagg. 1116 e seguenti; in senso conforme, in giurisprudenza, cfr. Comm. trib. prov. di Trento, sent. n. 135 del 10 gennaio 2002, in banca dati “il fiscovideo”].
Il che vale a riconoscere sussistente ex se, in capo ad ogni imprenditore o professionista, il presupposto dell’autonoma organizzazione per il solo fatto dell’esercizio di attività in via abituale, non rilevando la circostanza che, in effetti, autonoma organizzazione vi sia in concreto, a mò – invero – di presunzione legale assoluta.
I giudici fiorentini, dopo il lungo excursus, con riferimento al caso in esame, respingono il ricorso, per non avere i ricorrenti “fornito adeguata e chiara dimostrazione dell’assenza dell’autonoma organizzazione”.
Si rileva che, nella fattispecie, i ricorrenti avevano fornito la prova di quanto dedotto, producendo, quanto all’assenza di lavoro altrui: le dichiarazioni del sostituto d’imposta; quanto alla mancanza o scarsa rilevanza dei beni strumentali e/o di struttura organizzativa: il libro inventari, i bilanci/situazioni contabili, le dichiarazioni dei redditi, le schede di contabilità, le fatture di acquisto, contratti di comodato e vari, ecc.
La concisa (meglio, solo enunciata) motivazione della sentenza non permette di conoscere l’iter logico-giuridico ed argomentativo che ha indotto, nel merito, la Commissione a ritenere non sufficientemente provata l’assenza del requisito dell’autonoma organizzazione, non recando la sentenza alcun espresso riferimento agli elementi di fatto prodotti dai ricorrenti, né alcuna concreta valutazione in ordine agli stessi.
La sentenza, ad avviso di chi scrive, pecca quindi sotto il profilo della motivazione, ci si chiede se non dissimulando una sostanziale adesione dei giudici all’orientamento ministeriale di cui è detto sopra.
Se così fosse, sarebbe però irrilevante – meglio inutile – richiedere, nel merito, la prova della mancanza dell’elemento organizzatorio, per essere questo ritenuto integrato alla stregua di presunzione iuris et de iure, e quindi – per altro verso – con apparente contraddittorietà della motivazione.
Alcune ulteriori e più generali considerazioni su questo argomento.
L’art. 3, comma 144, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 – legge delega istitutiva del tributo Irap – ha espressamente condizionato l’applicazione del tributo alla sussistenza dell’elemento dell’organizzazione.
Al concorrente fine – riteniamo – di rendere più aderente al principio suddetto la disciplina del tributo Irap e di meglio puntualizzare la definizione del presupposto, il legislatore ha ritenuto di integrare l’originaria formulazione dell’art. 2 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, prevedendo che l’attività diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi debba essere “autonomamente organizzata” (art. 1, comma 1, del D.Lgs. 10 aprile 1998, n. 137, che ha modificato nel senso sopra indicato l’art. 2, comma 1, primo periodo, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446).
Per effetto di tale modifica, affinché possa dirsi integrata la fattispecie impositiva occorre che sussistano contestualmente entrambi gli elementi, o requisiti, costitutivi del presupposto, ovvero l’abitualità e l’autonoma organizzazione (ben può aversi attività svolta abitualmente in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui, così come attività organizzata svolta in via non abituale: in entrambi i casi non può dirsi integrato il presupposto di legge).
E’ stato correttamente rilevato, al riguardo, che “L’esercizio abituale di una attività rilevante ai fini irap deve infatti possedere il carattere dell’autonoma organizzazione che si risolve, per il titolare, in disponibilità di beni e prestazioni economicamente valutabili che devono corrispondere alla potenzialità produttiva del titolare medesimo” [così, PROCOPIO, L’oggetto dell’Irap, Padova, 2003, pag. 67].
Ove il soggetto – professionista o (piccolo) imprenditore – non agisca se non con il proprio lavoro (assenza di apprezzabile organizzazione di mezzi materiali o immateriali e/o di lavoro altrui), resterà escluso dal campo di applicazione del tributo per mancanza del presupposto di legge, ove ciò sia idoneamente provato (con l’inciso, peraltro, che non rappresenta certo un contributo al chiarimento della questione qui trattata la circostanza che la legge non preveda soglie oggettive o parametri di riferimento che definiscano, o determinino, quando l’attività economica sia “autonomamente organizzata”).
Rileva considerare poi che il legislatore ha espressamente previsto come sussistente in ogni caso – e quindi in via di presunzione (assoluta) –, il requisito dell’autonoma organizzazione solo in capo ai soggetti che esercitino attività economica nella forma collettiva, disponendo infatti l’art. 2, comma 1, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 446/1997 che: “L’attività esercitata dalle società e dagli enti […] costituisce in ogni caso presupposto di imposta”.
Al riguardo, è stato puntualmente rilevato che “se il legislatore avesse voluto colpire fiscalmente tutte le attività dirette alla produzione o allo scambio di beni o alla prestazione di servizi, non avrebbe inserito con l’art. 1, commi 1 e 2, del d. lgs. 10 aprile 1998, n. 137, le parole “autonomamente organizzate”, né avrebbe definito l’Irap un’imposta reale […]. Con tali puntuali precisazioni, il legislatore ha inequivocabilmente circoscritto le attività assoggettabili all’Irap, fissandone come suo presupposto l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi” [così, Comm. trib. reg. di Aosta, sez. II, sent. n. 5 del 16 maggio 2003, in “il fisco”, n. 44/2003 fascicolo 1, pagg. 6957 e seguenti; in senso conforme, Comm. trib. reg. di Roma, sez. VII, sent. n. 50 del 3 luglio 2003, ibidem, n. 33/2003, fascicolo 1, pagg. 5235 e seguenti; Comm. trib. prov. di Bologna, sez. I, sent. 421 del 22 maggio 2003, ib., pagg. 5249 e seguenti; contra, Comm. trib. prov. di Ravenna, sez. V., sent. n. 11 del 10 febbraio 2003, ib., n. 31/2003, fascicolo 1, pagg. 4935 e seguenti].
Questo orientamento appare conforme a quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 156 del 21 maggio 2001.
La Consulta, con la sentenza sopra indicata – invero riferendosi alla sola attività di lavoro autonomo, ma ritenuta, dai più, applicabile anche all’attività d’impresa [ex multis, Comm. trib. prov. di Cagliari, sez. V, sent. del 3 dicembre 2001, in Rass. Trib., n. 1/2002, pagg. 357 e seguenti; Comm. trib. reg. di Bologna, sez. staccata di Parma, sez. XXXV, sent. n. 39/35/03 del 9 dicembre 2003, oltre alle numerose altre sentenze dello stesso Collegio emesse a partire dal 2002; cfr., in dottrina, COCIANI, Attività autonomamente organizzata e Irap, in Riv. Dir. Trib., n. 1/2003, pag. 47] –, nel dichiarare non fondate le eccezioni di legittimità costituzionale del decreto istitutivo del tributo Irap, ha statuito, fra le altre cose, che il presupposto per l’applicazione del tributo è da individuarsi nell’effettiva sussistenza di un’autonoma organizzazione, elemento questo che non può essere presunto o definito a priori, ma che deve essere verificato nel caso concreto, e ritenuto sussistente solo ove vi sia un’effettiva organizzazione di capitali o lavoro altrui [Corte Cost., sent. n. 156/2001, in Rass. Trib., n. 1/2002, pag. 291 e seguenti].
Ne consegue che un’attività economica, sia essa di natura imprenditoriale o professionale, esercitata in assenza di (almeno apprezzabile) struttura organizzativa (beni patrimoniali e/o lavoro altrui) risulta priva del presupposto di legge: “il concetto di organizzazione, così come inteso dalla Consulta, implica la considerazione dell’insieme di mezzi e risorse nella logica della produzione […] per le imprese dovendosi riguardo ad esse principalmente valutare l’insieme dei mezzi impiegati per verificare se è presente o meno una capacità contributiva “impersonale” associata al business, inteso come organizzazione complessa che svolge attività d’impresa, e come tale separato dalla capacità contributiva “personale” propria dei singoli individui […]. In buona sostanza la scriminante ai fine dell’assoggettabilità all’Irap è, comunque, da ricercarsi – correttamente intendendo il pronunciamento della Consulta – nel livello di prevalenza dell’intuitus personae sulla “potenzialità produttiva” espressa dall’organizzazione” [così, Comm. trib. reg. di Torino, sent. n. 5/12/03 del 20 maggio 2003, in “Guida Normativa”, n. 164 del 18 settembre 2003, pagg. 23 e seguenti; in senso conforme, Comm. trib. prov. di Siracusa, sez. III, sent. 130 del 23 maggio 2003, in “il fisco”, n. 39/2003, fascicolo 1, pagg. 16114 e seguenti].
Ad avviso di chi scrive deve ritenersi insussistente il requisito dell’autonoma organizzazione quando l’attività si fondi in modo qualificante sulla presenza personale, diretta e continua, del soggetto titolare, che la caratterizza in modo, tendenzialmente, imprescindibile (principio dell’autonomia funzionale).
Non è integrato il presupposto di legge quando la struttura organizzativa non sia sufficientemente significativa, in termini di (contestuale) sussistenza dei fattori tipici della produzione (capitali e lavoro altrui), da non poter supplire all’assenza personale del titolare [in questo senso, cfr. Comm. trib. prov. di Trento, sent. n.. 101/01/01 del 5 luglio 2001, in Rass. Trib., n.1/2002, pagg. 347 e seguenti; Comm. trib. prov. di Lucca, sez. I, sent. n. 357 del 13 dicembre 2201, in “il fisco”, n. 48/2002, fascicolo 1, pagg. 17824 e seguenti; Comm. trib. reg. di Firenze, sez. XXII, sent. n. 15 del 5 febbraio 2003, ibidem, n. 32/2003, fascicolo 1, pag. 13194 e seguenti; Comm. trib. reg. di Torino, sent. n. 5/12/03 del 20 maggio 2003, in “Guida normativa” del 18 settembre 2003, n. 164, pagg. 23 e seguenti; contra, oltre alle decisioni citate dai giudici fiorentini nella sentenza in commento, cfr. Comm. trib. reg. di Bologna, sent. n. 120 del 23 ottobre 2002, in banca dati “fiscovideo”].
Può così aversi autonoma organizzazione solo ove vi sia “il contemporaneo ricorso a più fattori produttivi tipici che, fra loro coordinati, danno luogo ad un risultato in qualche modo riconducibile all’organizzazione in quanto tale piuttosto che ad un suo singolo componente e che comunque trascende rispetto al ruolo dell’imprenditore-organizzatore, nel senso che è da esso funzionalmente autonomo” [così, COCIANI, Attività autonomamente organizzata e Irap, cit., pag. 52; sempre in dottrina, in senso conforme cfr. CORASANTI, Irap: Gli elementi della fattispecie imponibile, la giustificazione costituzione e la graduale abrogazione, in Dir. Prat. Trib., 2001, I, pagg. 973 e seguenti; COLLI VIGNARELLI, Rilevanza dell’organizzazione nell’imposta regionale sulle attività produttive, in Boll. Trib., 2002, pagg. 891 e seguenti; in senso contrario, PORCARO, Prime esperienze giurisprudenziali su Irap e attività prive di organizzazione, in Rass. Trib., n. 1/2002, pagg. 371 e seguenti; BASILAVECCHIA, Sulla costituzionalità dell’Irap; un’occasione non del tutto perduta, ibidem, pagg. 313 e seguenti; SCHIAVOLIN, L’imposta regionale sulle attività produttive, in AA.VV., Miccinesi (a cura di), Commento agli interventi di riforma, Padova, 1999, pag. 779].
In senso conforme, è stato infine rilevato come non sia applicabile il tributo Irap ove sia carente “l’elemento differenziale, costituito dall’organizzazione del lavoro in forma aziendale e l’investimento di capitali per il mantenimento ed il funzionamento di qualsivoglia forma di organizzazione aziendale” [Comm. trib. prov. di Siracusa, sez. III, sent. n. 130 del 23 maggio 2003, in “il fisco”, n. 39/2003, fascicolo n. 1, pag. 6182 e seguenti].
Ma … alla fine, cosa ne penserà la Cassazione?
Potrà tornare utile, prevediamo, il principio dell’autonomia funzionale.

Lorenzo Gambi
dottore commercialista in Firenze

 

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