La consulenza tecnica d'ufficio nelle separazioni

C O N V E G N O

QUESTIONI PATRIMONIALI NELL’AMBITO DELLA SEPARAZIONE

Auditorium Ente Cassa di Risparmio di Firenze – 9 Marzo 2012

 

RELAZIONE DOTT. LORENZO GAMBI
La consulenza tecnica d’ufficio ed i profili fiscali del contributo di mantenimento

La trattazione sarà suddivisa in due parti; una prima parte, dedicata ai principali aspetti che interessano le indagini demandate al CTU Dottore Commercialista nell’ambito dei giudizi di separazione (e divorzio); una seconda, dedicata alla disciplina fiscale dei contributi di mantenimento, con particolare riferimento alle imposte sui redditi del nucleo familiare.

I PARTE - La Consulenza Tecnica d’Ufficio

Con la separazione si formano due nuove entità familiari: l’assegno di mantenimento è lo strumento che consente - meglio, dovrebbe consentire - ai due nuovi nuclei di far fronte ai propri bisogni in modo proporzionato rispetto alle risorse disponibili, avuto riguardo alle precedenti condizioni economiche della famiglia.  
L’accertamento del CTU si fonda quindi su due indagini, che si pongono su piani - anche temporalmente - distinti:
a) una prima indagine, che possiamo chiamare “attuale”, sarà finalizzata a determinare le capacità patrimoniali e reddituali dei coniugi al momento della separazione;
b) una seconda indagine, “storica”, volta a definire le condizioni economico - patrimoniali rappresentative del tenore di vita del nucleo familiare ante separazione.
Le indagini avranno, in ogni caso, riguardo a valori effettivi, dunque non solo formali, nominali o strettamente monetari.
Gli immobili - ad esempio - rileveranno per i correnti valori di mercato; i redditi, anche per le utilità non monetarie (cd. redditi figurativi), rilevando, infatti, ogni “potenzialità reddituale” dei coniugi (Cass. 2002).
Avuto riguardo alla particolare natura del procedimento sotto l’aspetto della sua officiosità in funzione degli interessi sottesi, di natura pubblicistica, l’indagine si baserà su circostanziate analisi dei documenti prodotti in atti e di quelli acquisiti nel corso delle operazioni peritali, in esecuzione di specifiche autorizzazioni del Giudice.
Per quanto, in caso di oggettive difficoltà - ad es., per carenza o incompletezza delle informazioni disponibili -, le risorse dei coniugi potrebbero anche non “essere accertate nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali dei coniugi” (Cass. 1990).  

Le consistenze patrimoniali dei coniugi.
Tra i più comuni asset patrimoniali si ricordano, senza pretesa di completezza, beni mobili - ove rilevanti (collezioni, beni iscritti in pubblici registri) -, beni immobili, aziende e partecipazioni societarie, attività e rapporti finanziari (conti, titoli, depositi, polizze e rendite vitalizie), diritti immateriali (proprietà intellettuale ed industriale).
Assumerà rilevanza ogni elemento patrimoniale che sia attribuibile ai coniugi in base ad un titolo giuridico che assicuri loro una situazione di effettivo possesso.
Vedremo invece come rilevino sotto un diverso profilo reddituale eventuali utilità messe a disposizione dei coniugi da parte di soggetti terzi (genitori, familiari, ecc.).
Un cenno ai rapporti ed alle intestazioni fiduciarie.
Assumeranno rilevanza i singoli beni, diritti o rapporti giuridici intestati a terzi in via fiduciaria, che siano in concreto direttamente riconducibili ai coniugi separati.
Il coniuge che assuma la qualità di soggetto fiduciante mantiene infatti ogni effettivo potere di gestione e godimento del bene, diritto o rapporto fiduciariamente intestato (cd. possesso indiretto).
La difficoltà, in questi casi, sta piuttosto nell’accedere alla documentazione che attesti l’identità del mandante, in genere opponendo, le società autorizzate, motivi di riservatezza e segreto fiduciario, invero tutelati - sino a qual punto? - dalla legge.
Un discorso diverso per il trust.
Il disponente, con tale strumento, si spoglia del possesso del bene, diritto o rapporto vincolato in trust, a differenza delle intestazioni fiduciarie, nel cui ambito - come detto - il fiduciante mantiene ogni concreto potere sulla cosa.
Occorrerà allora valutare, caso per caso, i termini dell’atto istitutivo del trust, quali, ad es., identità del beneficiario, natura dell’interesse che si sia inteso tutelare, funzionale (o non piuttosto preordinata) correlazione fra strumento ed interesse tutelato.
Il bene, diritto o rapporto vincolato in trust assumerà così rilevanza ai fini patrimoniali ove fossero accertate, da parte del Giudice, finalità simulatorie ovvero preordinatamente “segregative”.
Il Consulente, nel rispetto del principio del contraddittorio, valuterà ogni singolo elemento di titolarità dei coniugi, avvalendosi degli strumenti adottati dalla pratica professionale.
Così, per i beni mobili ed immobili, procederà a determinare, anche tramite Ausiliari tecnici autorizzati o nominati dal Giudice, i correnti valori di mercato.
Valuterà il capitale economico delle imprese commerciali possedute dai coniugi, individualmente o tramite quote societarie.
In caso di partecipazioni di minoranza – come per ogni asset posseduto per quote, specie se indivise - adotterà parametri di riduzione in funzione del minor valore che, in genere, la quota minoritarie ha rispetto al risultato derivante dalla puntuale percentuale sull’intero.
Nell’ambito della valutazione delle imprese, non saranno considerate quelle componenti di costo estranee ovvero non inerenti l’attività d’impresa; ad es., i costi che trovassero esclusivo o prevalente fondamento in ragioni di carattere fiscale.
Non sarà tenuto inoltre conto dei costi o delle passività che muovessero - esclusivamente o prevalentemente - da interessi personali del coniuge imprenditore in funzione, ad es., di obiettivi volti a dissimulare l’effettivo valore del capitale d’impresa.
Da ultimo, le consistenze patrimoniali rileveranno per il loro valore disponibile, dunque al netto di passività - effettive e non simulate - che gravino sulle stesse.
Rileveranno, così, le passività sorte ante separazione per scelte condivise dai coniugi e le passività sorte dopo la separazione ove dal Giudice ritenute necessarie in funzione delle esigenze del coniuge che le abbia contratte.
Le attuali (ma in funzione prospettica) capacità reddituali dei coniugi.
Saranno accertate le concrete possibilità dei coniugi di produrre autonoma ricchezza, intesa, questa, in senso tecnico, quale futuro incremento patrimoniale.
Rileveranno, a tali fini, sia le entrate monetarie, sia le utilità (anche solo) economiche.
Si parla di utilità economiche (o non monetarie) dal momento che, come detto, assumerà rilevanza ogni  potenzialità reddituale dei coniugi (cd. “redditi figurativi”).
Esempio di reddito figurativo, il corrente valore locatizio di un immobile tenuto a disposizione dal coniuge, quale residenza secondaria.
Egli potrebbe locare l’immobile e dunque percepirne i frutti (reddito monetario).
Ove decida di tener l’immobile a propria disposizione, il bene sarà comunque ritenuto idoneo a produrre un determinato reddito figurativo, in termini appunto locatizi.
Rileveranno anche i contributi - monetari e non - stabilmente ricevuti da terzi.
Peraltro, trattandosi di redditi figurativi - e dunque, pur sempre teorici - le valutazioni dovranno informarsi a criteri di prudenza, ché la comparazione fra risorse - ancorate a grandezze diverse - sia omogenea ed equilibrata. 
Discusso è se assuma rilevanza, quale reddito figurativo, l’abitazione messa gratuitamente a disposizione da terzi (genitori, parenti, ecc.).
Si ritiene che il raffronto fra le risorse dei coniugi debba essere effettuato senza considerare - o meglio, una volta soddisfatta - la primaria esigenza abitativa dei coniugi, non attribuendo dunque rilevanza all’abitazione messa a disposizione da terzi.
Ove il coniuge non detenesse alcun immobile, dovrebbe pur sostenere un determinato costo (canone) per acquisirne uno ove stabilire la propria dimora, con un effetto - pertanto - compensativo.
Salvo un eventuale giudizio di congruità: ove l’unità messagli a disposizione risultasse, in base alle indagini, oggettivamente esuberante rispetto al precedente tenore di vita, potrebbe allora assumer rilevanza quella parte di canone figurativo superiore ad una determinata soglia di congruità stabilita dal Giudice.
Sotto altro profilo, il Giudice terrà conto del valore della casa coniugale assegnata da un coniuge all’altro, nell’ambito della regolazione dei loro rapporti: “il godimento della casa familiare costituisce un valore economico … del quale il giudice deve tener conto ai fini della determinazione dell’assegno dovuto“ (Cass. 2006).
L’indagine del CTU prenderà avvio dall’esame delle ultime dichiarazioni tributarie presentate dai coniugi, da cui rileverà le varie tipologie di reddito loro riconducibili.
Le più comuni fonti di reddito sono - senza pretesa di completezza - il lavoro subordinato, il lavoro autonomo, l’esercizio di attività d’impresa, anche tramite quote societarie, il possesso di beni immobili ed altre attività patrimoniali.
La capacità reddituale sarà il frutto di rielaborazioni che tengano conto di medie ponderate, al fine di eliminare i dati relativi ad anni che presentino rilevanti variazioni rispetto al trend storico, per effetto di eventi non prevedibilmente ripetibili.
Occorrerà rettificare / integrare i dati risultanti dalle dichiarazioni in ragione di interferenze fiscali ovvero di particolari trattamenti tributari.
Si pensi, ad esempio, agli immobili non locati: secondo la norma fiscale, essi rilevano sulla base di valori catastali.
Le rendite in genere non rappresentano però adeguatamente l’effettiva capacità reddituale del bene, assumendo, piuttosto, rilevanza il corrente valore di mercato.
Si terrà conto dei redditi o risorse escluse da tassazione (es., plusvalenze da cessioni di beni o diritti pervenuti per successione) ovvero che sottostiano a criteri di tassazione per i quali non vi sia obbligo dichiarativo (es., interessi o proventi finanziari).
Il CTU, nei limiti dei mezzi a disposizione ed in base all’esperienza, formulerà un giudizio di verosimiglianza o sostanziale congruità (troppo sarebbe parlare di veridicità) in ordine ai dati indicati nelle dichiarazioni, facendo riferimento - come spesso previsto nei quesiti posti dall’Autorità giudiziaria - ai tipici strumenti di controllo fiscale (Studi di Settore, Redditometro, ecc.).     
In indagini di questo tipo, la capacità reddituale coincide con il concetto di reddito disponibile.
Il CTU determinerà pertanto sul reddito complessivo il correlato carico tributario e previdenziale in base alle vigenti aliquote di legge, così giungendo a rappresentare i redditi disponibili dei coniugi e - dunque - la loro effettiva capacità reddituale.
Il tenore di vita dei coniugi ante separazione.
Il tenore di vita in vigenza di convivenza rappresenta - per il Giudice - il termine cui comparare / rapportare le attuali risorse dei coniugi per la determinazione dell’entità degli eventuali obblighi di mantenimento, secondo criteri di proporzionalità.
Per tenore di vita si intende il livello di soddisfacimento dei bisogni che sia possibile raggiungere impiegando le risorse disponibili.
Esso viene assimilato ad una nozione di capacità di spesa ovvero, in senso più ampio, di reddito disponibile.
La differenza fra spesa e reddito è data dal risparmio: esso tende ad aumentare all’aumentare del reddito: per redditi più bassi, spesa e reddito tendono a coincidere (sotto una determinata soglia, la spesa tende a superare il reddito, con effetto d’indebitamento).
Il tenore di vita è anche un concetto a più dimensioni, condizionato, fra gli altri fattori (anche non economici), dalle consistenze e dalla capacità reddituale del nucleo familiare.
Secondo la Suprema Corte assumono - ancora - rilevanza “le potenzialità economiche dei coniugi” (Cass. 2002), più che i concreti standard di vita, “non avendo rilievo il più modesto livello di vita eventualmente subìto o tollerato” (Cass. 2004).
Valgono i criteri prima esposti circa la consistenza e la redditività dei coniugi, mutando peraltro, in questa fase, la prospettiva temporale, adesso  focalizzata su un determinato arco temporale anteriore alla separazione (in genere, tre anni).
L’indagine sarà integrata con analisi dei rapporti dei conti utilizzati per la gestione dei flussi monetari della famiglia; saranno ad esempio ricostruite le movimentazioni delle tipiche voci relative alla liquidità familiare, dunque - almeno in parte - rappresentative della capacità di spesa (“addebiti carta di credito”, “prelievi Bancomat”, “pagamenti POS”, “prelievi per contanti”, ecc.).
Sarà infine fornita ogni altra informazione con l’obiettivo, in ultima analisi, di rappresentare al Giudice il quadro più completo da cui trarre ogni utile convincimento circa la dimensione del tenore di vita ante separazione, cui commisurare le risorse dei coniugi separati ai fini della determinazione di eventuali contributi di mantenimento.

II PARTE - Aspetti fiscali del contributo di mantenimento (Artt. 10, 50 e 52 TUIR)

Gli assegni di mantenimento assumono - o meglio, possono assumere - rilevanza ai fini delle imposte sui redditi dei componenti del nucleo familiare.
Occorre, in primo luogo, distinguere fra assegno di mantenimento a favore del coniuge ed assegno di mantenimento a favore dei figli.
Ed ancora, all’interno degli assegni di mantenimento a favore del coniuge, fra assegni corrisposti periodicamente, in conformità al provvedimento dell’Autorità giudiziaria, ed assegni corrisposti una tantum, in esecuzione di accordi di sistemazione fra coniugi.
Quanto premesso, l’assegno destinato ai figli non è deducibile dal reddito del coniuge erogante; non sarà - al pari - tassato né in capo all’altro coniuge, che a tal titolo lo percepisca, né, tantomeno, in capo ai figli beneficiari.
La mancata deducibilità dell’assegno è correlata alla sua natura di mezzo finalizzato all’adempimento dei doveri costituzionali di solidarietà familiare, che non vengono meno a seguito di separazione o scioglimento del matrimonio (Cost. 1982, 1988, 1990).
Quanto ai contributi di mantenimento fra coniugi, non è deducibile, per il coniuge erogante, l’assegno di mantenimento versato all’altro coniuge una tantum; tale assegno non sarà - al pari - tassato in capo a quest’ultimo.
La mancata deducibilità di tale contributo trova fondamento nella sua funzione sostanzialmente negoziale, piuttosto assimilabile ad un’attribuzione di natura prevalentemente patrimoniale (Cost. 2001, 2007, Cass. 2006).
L’assegno di mantenimento sarà invece deducibile dal reddito del coniuge erogante ove corrisposto periodicamente, nei termini stabiliti dal provvedimento dell’Autorità giudiziaria titolare del giudizio di separazione (o divorzio).
Tale assegno sarà - al pari - tassato in capo al coniuge percettore, quale reddito assimilato ai redditi da lavoro dipendente.
Si ricorda che la legge fiscale prevede una presunzione - iuris tantum - di effettiva percezione dell’assegno nelle misure e termini, anche temporali, previsti nel provvedimento giudiziario.
Trattandosi di presunzione relativa, essa potrà essere superata con la prova della mancata, parziale o differita percezione dell’assegno.
Andando a concludere, un cenno finale al caso in cui - in presenza di figli - il provvedimento giudiziale disponga in ordine ad un unico e cumulato assegno, senza distinzione fra parte riferibile al coniuge e parte riferibile ai figli.
L’assegno sarà deducibile in capo al coniuge erogante - in via di presunzione, questa volta iuris et de iure - nei limiti del 50% e, nella stessa misura, sarà tassato in capo all’altro coniuge.
Non sarà, infine, deducibile per il coniuge erogante, né sarà tassato in capo ai figli beneficiari, la residua parte del 50%.
Ringraziamenti,

Lorenzo Gambi
dottore commercialista in Firenze

 

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